Fülszöveg
Dopo II rogo di Berlino e Lasciami andaré, madre, Helga Schneider continua, con una luciditá e una fermezza al tempo stesso pietose e implacabili, a scavare nella sua memoria, che la obbliga a testimoniare a-trocitá esemplari del secolo appena concluso. Questa volta, assumendo su di sé il carico di un dolore non suo, ci trasmette il racconto affidato nell'estate del 1949 a lei bambina (a sua volta segnata dall'espe-rienza della guerra) da un piccolo profu-go prussiano. Attraverso le parole di Kurt riviviamo cosi la tragedia delle centinaia di migliaia di tedeschi orientali che nell'in-verno '44-'45, függendő davanti aH'Arma-ta Rossa che avanza da est, cercano di rag-giungere i porti del Báltico e da qui, a bordo di una nave, la Germania Occidentale. Una fuga drammatica, in un freddo mici-diale, per strade coperte di neve, fango e ghiaccio sulle quali i carri procedono con penosa lentezza tirati da cavalli alio stre-mo, mentre i profughi vengono decimati dalla fame, dalla...
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Dopo II rogo di Berlino e Lasciami andaré, madre, Helga Schneider continua, con una luciditá e una fermezza al tempo stesso pietose e implacabili, a scavare nella sua memoria, che la obbliga a testimoniare a-trocitá esemplari del secolo appena concluso. Questa volta, assumendo su di sé il carico di un dolore non suo, ci trasmette il racconto affidato nell'estate del 1949 a lei bambina (a sua volta segnata dall'espe-rienza della guerra) da un piccolo profu-go prussiano. Attraverso le parole di Kurt riviviamo cosi la tragedia delle centinaia di migliaia di tedeschi orientali che nell'in-verno '44-'45, függendő davanti aH'Arma-ta Rossa che avanza da est, cercano di rag-giungere i porti del Báltico e da qui, a bordo di una nave, la Germania Occidentale. Una fuga drammatica, in un freddo mici-diale, per strade coperte di neve, fango e ghiaccio sulle quali i carri procedono con penosa lentezza tirati da cavalli alio stre-mo, mentre i profughi vengono decimati dalla fame, dalla dissenteria, dalle febbri; quelli che soccombono, soprattutto vecchi e bambini, vengono abbandonati sul ciglio della strada perché la terra é troppo gelata per poterli seppellire. Per il piccolo Kurt, che dopo il terribile epilogo della fuga si é chiuso in se stesso ed é piombato in quello che i terapeuti che lo hanno in cura chia-mano púdicamente un «lutto patologico», la brusca, scontrosa simpatía della bambina Helga sara in qualche modo l'uscita dall'orrore e l'inizio della guarigione: per lei, in quella miracolosa estate del 1949 tra-scorsa insieme sulle rive dell'Attersee, riu-scirá a dare parole alio strazio del ricordo.
Nata in Polonia, Helga Schneider vive in Italia dal 1963. I suoi libri {11 rogo di Berlino, 1995 e Lasciami andaré, madre, 2001) seno tradotti in tutte le lingue europee, compreso il basco e il catalano, e in giapponese.
«Finiscila di tormentarmi! Finiscila di tormentarmi!» ripeté piu volte. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e gli tre-mavano le mani. II volto si era fatto palli-dissimo e le labbra si piegavano in una smorfia che gli scopriva i denti. Per un attimo ebbi veramente paura di lui. Gli sci-volai da sotto le braccia e quando fui a una distanza di sicurezza urlai: «Tu sei matto! Tu sei malato qui!» e mi indicai la tempia. «Tu hai qualcosa che non funziona nella testa! E poi mi fai schifo, non fai che pian-gerti addosso! Non sei l'unico ad aver sof-ferto, non fare tanto la vittima. Non sei Túnico ad aver sofferto, presuntuoso che non sei altro!».
Mi fermai: ero senza fiato, ma contenta di avergli detto il fatto suo. Ma lui rispóse con una voce fredda e sprez-zante: «Tu non sai cosa dici. Non sai niente, niente! Non sai che cosa e stata quella fuga! Con quei carri coperti A venti gra-di sotto zero Devi stare zitta tu, con la tua stupida Berlino! Cosa sara mai stato?».
Vissza