Fülszöveg
La voglia di scrivere un libro su Enzo Ferrari viene subito, appena hai la ventura di conoscerlo dopo averne sentito parlare per anni, dopo aver letto di lui tutto: tutto meno qualcosa che tu, appunto, vorresti aggiungere. Farsi biografo di questo grande italiano — o comunque narratore della sua straordinaria avventura che ha capitoli rapidi come rápido é il progresso da lui piegato all'amore dello sport — é certo anche una scelta d'ambizione confessabile: vedere il proprio nome accanto a quello del personaggio é gratificante, soprattutto se il personaggio ha le non comuni dimensioni dell'uomo di Maranello. E tuttavia, non molti si sono cimentati nell'impresa di raccontare l'uomo, preferendo dedicarsi aU'apologia della macchina. Perché Enzo Ferrari é difficile a narrarsi: nel sorriso come nel cipiglio, nella gloria come nella sconfitta, nella serenitá come nel dolore. L'ambizione, la presunzione del narratore si sgonfiano davanti all'ostacolo; anche perché si sa — e lo sappiamo...
Tovább
Fülszöveg
La voglia di scrivere un libro su Enzo Ferrari viene subito, appena hai la ventura di conoscerlo dopo averne sentito parlare per anni, dopo aver letto di lui tutto: tutto meno qualcosa che tu, appunto, vorresti aggiungere. Farsi biografo di questo grande italiano — o comunque narratore della sua straordinaria avventura che ha capitoli rapidi come rápido é il progresso da lui piegato all'amore dello sport — é certo anche una scelta d'ambizione confessabile: vedere il proprio nome accanto a quello del personaggio é gratificante, soprattutto se il personaggio ha le non comuni dimensioni dell'uomo di Maranello. E tuttavia, non molti si sono cimentati nell'impresa di raccontare l'uomo, preferendo dedicarsi aU'apologia della macchina. Perché Enzo Ferrari é difficile a narrarsi: nel sorriso come nel cipiglio, nella gloria come nella sconfitta, nella serenitá come nel dolore. L'ambizione, la presunzione del narratore si sgonfiano davanti all'ostacolo; anche perché si sa — e lo sappiamo noi pure nel mandare in librería questo volume — che Enzo Ferrari non apprezzerá Popera dedicatagli; perché Enzo Ferrari conosce un solo grande biografo: se stesso; e una sola veritá: quella scaturita dalla sua voce e dalla sua penna. Eppure Cesare De Agostini — che non é nuovo alia visitazione di miti nell'eroico Olimpo deWautomobile —, é riuscito a darci un Ferrari che pretendiamo riconoscere in quello vero; l'uomo e la sua macchina, attraverso i tempi, vivono e raccontano una favola vera; soffrono e vincono; paiono irraggiungibili e invece ci sono vicini: lui, a suscitare la tenerezza duna amicizia; lei — la Rossa — a sollecitare un amore quasi físico. Ferrari poteva essere rítratto in mílle pose — come peraltro lo ritroverete in queste pagine — ma De Agostini ha preferito raccontare soprattutto «il sceriffo», quel personaggio battagliero e beffardo sortito da una battuta di Tazio Nuvolari, uno che lo conosceva bene. Alia fine del racconto — eredete — anche a noi é parso di conoscerlo meglio.
Italo Cucci
Capitolo I
dove una macchina rossa é come un incantesimo e un uomo saturo e indifferente che si chlama Enzo Ferrari riesce a perdonarsi
Erano arrivati a sciami, imbottiti di tifo, gonfi di un nome di cui avevano imparato a nutrirsi da sempre. Si erano rovesciati sulle colline e sulle tribune ed erano subito diventati un mare verticale che ondeggiava impaziente, mosso da un urlo frenetico, ossessivo, che partiva da migliaia di gole e, prima di esaurirsi verso I'alto, si mescolava al rombo delle macchine creando una miscela stordente ed esplosiva. Una mandria sterminata di cavallini neri rampanti in campo giallo dilagava sulle bandiere sugli striscioni sulle magliette sui berrettini sugli scudetti venduti a centinaia. Quel giomo Imola viveva di pista di terra e di cielo, ma viveva anche dei piü streganti mezzi a quattro ruote che I'uomo avesse mai saputo creare.
Storia di idee e di metalli, le macchine che avevano cominciato a sfrecciare davanti ai centocinquantamila esaltati erano una tavolozza completa di colorí. Cera il giallo, il bianco, il verde, il nero. Cera il bianco unito al rosso, il giallo al bianco, I'oro al nero. L'oro é caldo, solare. Forse é Túnico colore rímasto intatto nei millenni. Ma Toro sposato al nero sembra perdere ogni capacitá di vita e regalare solo funebri riflessi. Tutte giravano assordanti e come impazzite, uccelli un po' deformad sui quali un dio crudele aveva esercitato bizzarria e vendetta negando loro le ali. Sebbene storditi e ipnotizzati da quella miscela di colorí e di boati, i centocinquantamila avevano subito individuate il rosso totale di una macchina che si stava batiendo contro tutti come aweniva da almeno trentacinque anni. Gli altri nomi non avevano piti nulla di mágico, se mai in un giorno lontano la magia li avesse toccati. Uno era diventato il prodotto di un consiglio di amministrazione, dato che i vecchi fondatori si erano persi nei gorghi della storia; un altro continuava a nutrirsi del proprio passato, sperando che la grande menzogna non apparísse troppo evidente e insostenibile; un terzo portava il nome di un pilota che quasi piú nessuno rícordava e che comunque non era molto merítevole di parcheggiare con assiduitá nei cuori dei tifosi perché si era disfatto della sua creatura vendendola come un mercante vende la merce del proprío magazzino. Propríetario ne era diventato un paggetto con la camicia di batista e il naso perennemente arricciato in una smorfia di disgusto. Quasi. Un pilota mancato che, pure, non avrebbe esitato un attimo a vendere nome uomini e macchine se i dollari offerti avessero fatto un bel mucchio. Un cipressino appena cresciuto a confronto del vecchio olmo che mai avrebbe tradito. Bellissima, un gabbiano con le ali un po' mozze, la Brabham, pero, suonava soltanto come una pura espressione manageriale. I centocinquantamila awertivano queste cose mentre seguivano la corsa con la pelle. A Imola la corsa é sentita con gli occhi e con il cuore, e peró, prima che con gli occhi e con il euere, é sentita con la pelle.
La vettura nera filettata d'oro passava dando la misteriosa impressione di una macchia feroce che per un attimo inquinava la vista. II suo creatore, un genio della meccanica, non
Vissza